Virginio Merola | Mayor of Bologna

La città come bene comune e il paradigma della collaborazione

Amici, cari Sindaci, oggi abbiamo l’onore e il compito di condividere le nostre esperienze e di partecipare a una riflessione di carattere universale, di carattere universale come il messaggio che Papa Francesco ci ha voluto consegnare con la sua enciclica, che considero potente e rigorosa nel campo dei diritti umani e della sostenibilità ambientale. Noi sappiamo che nessun uomo è un’isola, ma nemmeno un’isola dev’essere privata della responsabilità che l’uomo ha rispetto alla natura e agli altri esseri umani. È questa una riflessione che aprirà anche la prima edizione del Festival Francescano 2015, il Festival dell’Ordine Francescano, per non creare confusione, che da quest’anno, per tre anni, si terrà nella mia città, Bologna.

Io credo che i Sindaci possano essere allo stesso tempo sentinelle e costruttori di pace. Noi siamo custodi temporanei di uno spicchio di mondo chiamato città. Bologna è la mia casa, ne sono orgoglioso. Bologna è la città sede della più antica università del mondo occidentale, è la città che nel 1200 ha liberato per prima i servi della gleba nel nostro paese e oggi, di questi tempi, Bologna è una città che ogni dieci anni vede cambiare al 25% la sua popolazione. Ogni anno noi riceviamo nuovi cittadini italiani e stranieri. Posso affermare che Bologna è una delle città più meticce d’Italia che conosco, dove si diventa sempre di più cittadini anche per scelta e non per nascita.

Credo che il nostro compito oggi, guardandoci negli occhi, sia di custodire il nostro patrimonio di libertà civiche e di solidarietà, perché a mio avviso sta diventando un impegno quotidiano di lotta, la lotta contro chi semina paura e la scelta di avere coraggio. Avanzano nelle nostre città sempre di più individualismi e populismi. Io credo che il nostro ruolo di Sindaci sia soprattutto quello di non cedere a questa nuova rassegnazione e al cinismo, di provare con l’urgenza del fare a creare nuove opportunità, a dare risposte alle nostre comunità cercando di mantenerle unite. Noi pensiamo, a Bologna, soprattutto attorno a progetti concreti per il bene comune, attorno a un’idea di partecipazione come azione per fare insieme agli altri. Per questo abbiamo approvato un regolamento che vuole dare applicazione all’articolo 45 della nostra Costituzione che, se vi ricordate, parla di sussidiarietà: i cittadini che si auto-organizzano per svolgere servizi di interesse generale possono essere sostenuti dai Comuni. Con questo regolamento per noi diventa un obbligo. Il regolamento prevede che tutti i cittadini, le associazioni e le imprese, possano stringere patti di collaborazione con il Comune. Siamo a oltre 100 patti di collaborazione, dalla cura dei giardini pubblici all’assistenza sociale, alla cultura – fare insieme per il bene comune della città.

Dal punto di vista climatico noi condividiamo gli obiettivi che ci siamo dati in Europa con il Patto dei Sindaci e stiamo rispettando i nostri impegni per il 2020, puntando anche qui sull’associazionismo fra i cittadini, la creazione di comunità sociali, di cooperative che, insieme all’azione del Comune per rigenerare tutti gli immobili pubblici, si affianchi con quella dei cittadini per le loro case e per contribuire da questa via al risparmio energetico e alla lotta all’inquinamento. Quindi noi vogliamo adottare, stiamo sperimentando questo meccanismo che chiamiamo paradigma della collaborazione e dell’amministrazione condivisa, lo stiamo facendo nella temperie di questo periodo, per questo lo facciamo anche in relazione ai diritti umani e alla giustizia sociale.

A Bologna fino al 2013 esisteva una cosa chiamata Centro di Identificazione e di Espulsione, un luogo di tortura moderno nel quale le persone senza permesso di soggiorno, e solo per questo, venivano incarcerate. Per fortuna, in rispetto della tradizione della nostra città e della nostra Costituzione, siamo riusciti a chiuderlo. Oggi è un hub, un centro di accoglienza, per smistare le persone migranti che, come sapete, stanno arrivando in Europa in questo periodo. Credo che noi dobbiamo saperci dire come difendere insieme i diritti umani e non rinunciare in questa crisi, non cedere mai all’idea di subordinare i diritti umani al nostro consenso, al sondaggio di turno, perché noi dobbiamo e sappiamo bene che il futuro sta invece nell’uscire da questa crisi combattendo la povertà e affermando ancora di più i diritti umani. Il Consiglio comunale di Bologna, su mia proposta, ha accettato di conferire la cittadinanza onoraria di bolognese a Mohammed Yunus. Voi tutti conoscete Yunus: noi ci ispiriamo, come avrete capito, molto alle sue opere e al suo pensiero.

Nella nostra città, come credo in tante città, oggi la nostra principale preoccupazione è quella di garantire i servizi sociali e i servizi educativi a fronte di ingenti tagli da parte dello stato per le note difficoltà del nostro Paese. Dobbiamo anche occuparci di nuove povertà, nel senso di lavoratori poveri, gente che lavora con un reddito indecente e occuparci della paura del ceto medio di diventare povero, dopo 50 anni che sembrava che tutto fosse stato conquistato. In questo senso recuperiamo e attualizziamo anche cose che appartengono al nostro passato. A Bologna c’era un Sindaco socialista, che si chiamava Zanardi, che, durante la Prima Guerra Mondiale, per aiutare i propri cittadini, fece un forno e cominciò a distribuire pane, infatti è noto come “Sindaco del pane”. Noi abbiamo aperto nei nostri quartieri le “Case Zanardi”, che oggi mettono insieme terzo settore, imprese e impiegati del Comune e costruiscono una rete di relazioni e di attività dal basso per fornire occasioni di lavoro, anche cibo in molti casi, ma anche formazione a tutte le persone che ne hanno bisogno, cercando di preservare e costruire quella cosa che sarà sempre più preziosa che è il bene della relazione tra le persone – la nostra capacità come Sindaci di costruire legami di libertà tra le persone che vivono nelle nostre città.

Infine, voglio ricordare che la lotta alla povertà passa, in particolare nel nostro Paese, ma credo ormai a livello internazionale, anche dall’impegno contro le organizzazioni criminali e mafiose. Lo scorso 21 marzo, Bologna ha ospitato la ventesima Giornata della Memoria dell’impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie. Hanno partecipato, hanno invaso pacificamente la nostra città, oltre 200.000 persone, in gran parte giovani, ragazzi e ragazze del nostro Paese. Con loro e con Don Ciotti abbiamo condiviso la proposta di un protocollo per la legalità negli appalti, che è stato firmato e sottoscritto da tutte le associazioni sindacali ed economiche della nostra città, attorno all’idea di non fare più gare al massimo ribasso per non dare opportunità alla criminalità organizzata di infiltrarsi e di utilizzare lavoro nero, non rispetto dei contratti, eliminazione delle tutele per i lavoratori, e concorrenza sleale, evidentemente, per le imprese che invece vogliono essere in regola.

Tutto questo lo voglio portare come esperienza, perché credo che l’idea che ci vede qui sia un’idea di riflessione, ma non c’è niente di meglio, secondo me, che riflettere facendo, e facendo anche, dando per scontato, che per fare dobbiamo fare errori e imparare dagli errori, quindi io sono qui anche per ascoltare e copiare, perché penso che sia la cosa più importante da fare. Penso che le nostre città, in questo periodo, siano un cantiere fisico. Hanno bisogno di cantieri, di opere, di investimenti. Ne abbiamo bisogno per dare lavoro e per combattere davvero la povertà. Ma anche questa giornata mi riconferma e ci dice che noi siamo chiamati in questo periodo anche ad affiancare ai nostri cantieri fisici cantieri civici, cantieri che ritrovino l’anima delle nostre città, che assumano la giustizia sociale e la lotta alla povertà come impegno prioritario per realizzare uno sviluppo sostenibile.

Io confido che Papa Francesco e la sua parola ci accompagnino e ci aiutino a costruire questi cantieri di persone solidali contro le nuove schiavitù e contro la solitudine. Confido che il confronto fra di noi ci aiuti a rovesciare il paradigma verticistico e gerarchico del ’900, ci aiuti cioè a scegliere la nostra strada tra un collettivismo che si è dimostrato impraticabile e dannoso e un individualismo e un libero mercato altrettanto dannoso.

Credo che la differenza nelle città la faranno le persone, le persone che si mettono insieme usando la loro libertà con responsabilità verso gli altri, per ridistribuire ricchezza, certo, ma non solo; io credo che per difendere la nostra democrazia, noi sindaci dobbiamo anche convincerci che uno dei nostri compiti è redistribuire potere alla gente, per fare avanzare la nostra democrazia.