Dichiarazione finale su La Rivoluzione della Medicina Personalizzata

2019
Workshop
8-9 aprile

Dichiarazione finale su La Rivoluzione della Medicina Personalizzata

Dichiarazione finale su La Rivoluzione della Medicina Personalizzata
Foto: Gabriella C. Marino

Concettualizzazione

Il seminario sulla Medicina Personalizzata ha fatto emergere tre concettualizzazioni del termine. La prima corrisponde alla definizione degli Istituti Nazionali di Sanità (National Institutes of Health) degli Stati Uniti: “Una forma di medicina che utilizza informazioni provenienti dalla genetica, dalle proteine e dall’ambiente in cui vive una persona per prevenirne, diagnosticarne e curarne le malattie”. Questa formulazione si basa sulle nozioni ordinarie di “malattia”, “trattamento”, “pazienti” e “ricerca”. Tuttavia, anche in questo quadro gradualista di maggiore precisione in campo medico, assistiamo a una riorganizzazione delle nosologie consolidate, per esempio per quanto riguarda le definizioni di “coma”, “stato vegetativo” e “stato minimamente cosciente”. Nuove tecniche di neuroimaging hanno rilevato enormi variazioni nel funzionamento del cervello tra pazienti apparentemente simili. La personalizzazione riguarda quindi l’uso e l’elaborazione dei segnali biologici degli individui, al fine di ridefinirne e classificarne gli stati di salute e malattia.

La seconda concettualizzazione della medicina personalizzata riguarda un nuovo approccio nei confronti delle “persone”, che non sono necessariamente “pazienti”, le quali vengono sottoposte a una raccolta completa e continuativa di dati genomici, proteomici, omici, e relativi al proprio microbioma e stile di vita al fine di ottimizzare il “benessere” attraverso la rilevazione di “anomalie” che possono causare o portare a malattie. Le misurazioni biochimiche, genomiche e dello stile di vita consentono all’individuo di ottimizzare il proprio benessere agendo su “possibilità attuabili” derivanti dall’analisi dei dati raccolti.

Poiché il monitoraggio diventa continuativo, questo nuovo approccio alla persona si discosta dalle nozioni tradizionali di “malattia”, “paziente”, “trattamento” e “partecipante in una ricerca” e prevede nuovi termini e ruoli, come “benessere quantitativo” e “wellness coach”.

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Concettualizzazione

Il seminario sulla Medicina Personalizzata ha fatto emergere tre concettualizzazioni del termine. La prima corrisponde alla definizione degli Istituti Nazionali di Sanità (National Institutes of Health) degli Stati Uniti: “Una forma di medicina che utilizza informazioni provenienti dalla genetica, dalle proteine e dall’ambiente in cui vive una persona per prevenirne, diagnosticarne e curarne le malattie”. Questa formulazione si basa sulle nozioni ordinarie di “malattia”, “trattamento”, “pazienti” e “ricerca”. Tuttavia, anche in questo quadro gradualista di maggiore precisione in campo medico, assistiamo a una riorganizzazione delle nosologie consolidate, per esempio per quanto riguarda le definizioni di “coma”, “stato vegetativo” e “stato minimamente cosciente”. Nuove tecniche di neuroimaging hanno rilevato enormi variazioni nel funzionamento del cervello tra pazienti apparentemente simili. La personalizzazione riguarda quindi l’uso e l’elaborazione dei segnali biologici degli individui, al fine di ridefinirne e classificarne gli stati di salute e malattia.

La seconda concettualizzazione della medicina personalizzata riguarda un nuovo approccio nei confronti delle “persone”, che non sono necessariamente “pazienti”, le quali vengono sottoposte a una raccolta completa e continuativa di dati genomici, proteomici, omici, e relativi al proprio microbioma e stile di vita al fine di ottimizzare il “benessere” attraverso la rilevazione di “anomalie” che possono causare o portare a malattie. Le misurazioni biochimiche, genomiche e dello stile di vita consentono all’individuo di ottimizzare il proprio benessere agendo su “possibilità attuabili” derivanti dall’analisi dei dati raccolti.

Poiché il monitoraggio diventa continuativo, questo nuovo approccio alla persona si discosta dalle nozioni tradizionali di “malattia”, “paziente”, “trattamento” e “partecipante in una ricerca” e prevede nuovi termini e ruoli, come “benessere quantitativo” e “wellness coach”. Questa seconda concettualizzazione si basa su possibilità attuabili individuate che derivano da pubblicazioni scientifiche consolidate e da quelle che emergono dall’integrazione di diversi tipi di dati. Questa forma di medicina personalizzata è particolarmente adatta a chi affronta malattie gravi quali il cancro e ha bisogno di organizzare le informazioni pertinenti per ridurre il divario tra la vita personale e la vastità delle conoscenze mediche.

Molti interventi sono abbastanza economici, come l’allenamento fisico e gli integratori alimentari. Il coaching da parte di operatori sanitari non medici, che ricevono una formazione di base, è una pratica consolidata nell’assistenza primaria e nella sanità pubblica (ad es. i “medici scalzi”).

Poiché le conoscenze biomediche sono in fase di crescita esponenziale, l’intelligenza artificiale è la chiave per ottimizzarne i benefici, indicando gli interventi rilevanti per ogni individuo. Inoltre, il “deep machine learning” (intelligenza artificiale non simbolica) è in grado di analizzare le grandi serie di dati per creare nuove ipotesi che possono essere testate sperimentalmente. Molti di questi esperimenti dovranno essere “studi su un solo paziente”, per confrontare la biometria del paziente in questione durante un intervento (ad esempio una dieta particolare per alcuni mesi) e in assenza di esso.

Secondo la terza concettualizzazione, il bio-tracking continuativo e la raccolta di dati da un numero crescente di partecipanti e per periodi di tempo più lunghi – forse durante l’intero ciclo vitale – rivelerà gradualmente una nuova dimensione della conoscenza, indipendentemente dagli studi clinici e dal lavoro in laboratorio. Questa “conoscenza” emerge dalle correlazioni prodotte dall’intelligenza artificiale tra input (ovvero dati) e output (ovvero previsioni ed interventi), anche senza comprenderne i collegamenti. Un simile risultato dipende da una partecipazione quasi universale ed equa (si affidano tutti allo stesso tipo di monitoraggio completo) per elaborare previsioni e consigli personalizzati. Sebbene iniziative a questo livello non abbiano ancora luogo, molti servizi sanitari e pratiche di ricerca già raccolgono, archiviano, scambiano e trattano dati (spesso in forma anonimizzata) in preparazione per un tale futuro.

Scienza

La medicina personalizzata promette di trasformare la medicina, ma questa affermazione contiene tre avvertenze. La prima riguarda la fattibilità. Considerando che il trattamento di alcune malattie è stato in effetti rivoluzionato da trattamenti mirati (ad es. il tumore ai polmoni e il melanoma), la maggior parte delle malattie croniche (ad es. aterosclerosi, schizofrenia, obesità, osteoartrosi) sono complesse e richiedono terapie multimodali.

Il Progetto Genoma Umano aveva portato a una vasta gamma di scoperte scientifiche, tra cui l’identificazione dei geni responsabili di oltre 7.000 malattie a singolo gene e di oltre 100.000 loci genetici che contribuiscono a migliaia di malattie e tratti poligenici comuni. Tuttavia, convertire tali scoperte in cure resta impegnativo e frustrante. Sebbene siano cumulativamente abbastanza comuni, ogni singola malattia genetica colpisce un frammento di umanità (generalmente meno dell’1%) e il minuscolo contributo di ogni locus genetico alle afflizioni umane limita la nostra capacità di poter dedurre delle cure a partire dal codice genetico e di valutarne l’impatto finale (dimensioni).

La seconda serie di avvertimenti evidenzia molti pregiudizi, soprattutto in termini di popolazione e genere (maschile/femminile) selezionato. Le ricerche hanno dimostrato che le macchine di apprendimento (in inglese learning machine) spesso “apprendono” i pregiudizi umani e li incorporano nei loro risultati. Comprendere il “benessere” umano significa prestare attenzione alle fasi vulnerabili del ciclo vitale, come gravidanza, infanzia, invecchiamento e disabilità. La moratoria proposta sull’editing della linea germinale umana dimostra la mancanza di conoscenza dell’impatto a lungo termine e degli effetti procreativi che gli interventi genetici personalizzati possono avere sulle generazioni future. Limitarsi alla manipolazione della linea germinale degli animali sembra essere corretto come un passo intermedio, almeno fino a quando la regolamentazione della biotecnologia non sarà maturata in termini di diritto internazionale e nazionale.

La saggezza, la fedeltà e le capacità interpersonali dei medici sono fondamentali per integrare le parole, la cultura e il comportamento dei pazienti sottoposti a cure cliniche. Vi è un divario enorme tra i poteri dell’intelligenza artificiale di calcolare i dati biologici e la sua capacità di integrare le dimensioni umane della salute e dell’assistenza sanitaria. Poiché è semplice ottenere, archiviare ed elaborare campioni di sangue o dati comportamentali tramite sensori digitali, potrebbe esserci una tendenza verso questo tipo di analisi e concettualizzazione a spese di metodi di studio più impegnativi e di dati e concetti meno quantificabili.

Infine, ancora non sappiamo quando l’informatica potrà garantire un livello di protezione dei dati e una stratificazione del servizio adeguati. Al di là della sfida tecnologica, questo problema dipende molto dal contesto normativo e dai percorsi della giustizia accessibili ai partecipanti di paesi a basso e medio reddito.

Nel complesso, è necessaria una migliore comprensione delle leve normative pertinenti e della loro intersezione per facilitare la traslazione della medicina personalizzata alla clinica in modo sicuro, efficiente e vantaggioso per i pazienti e le loro famiglie e comunità. Attualmente, le leggi relative a tali questioni non sono standardizzate ma vanno dal divieto assoluto agli approcci più permissivi. I diversi paesi devono decidere, collettivamente e individualmente, quale approccio adottare.

Etica

L’indagine sulle questioni etiche si svilupperà da preoccupazioni meno specifiche a questioni relative alla medicina personalizzata in quanto tale.

Tra le questioni meno specifiche ma più urgenti vi è la governance dei dati biomedici in relazione alla privacy e ai diritti di proprietà. Più un servizio medico diventa tecnologico, più è sensibile ai monopoli, alle licenze di proprietà intellettuale e ai fallimenti del mercato. La ricerca medica contemporanea dipende sempre più dalle sovvenzioni e dai contratti del governo, nonché dalle istanze di capitali ad alto rischio. Il conseguente onere di realizzare un profitto fa aumentare i prezzi dei farmaci nei mercati di nicchia. Il linguaggio inflazionistico e l’ottimismo sfrenato dell’imprenditorialità potrebbero non quadrare bene con la realtà clinica.

Le lacune socio-economiche, in cui genere, appartenenza etnica e impotenza politica svolgono ruoli importanti, sono le cause fondamentali e universali della morbilità e della mortalità. A questo proposito, le iniziative di medicina personalizzata la cui tecnologia informatica non è open source pongono delle sfide scientifiche, epidemiologiche e normative molto serie. Inoltre, i diritti di proprietà intellettuale potrebbe essenzialmente impedire agli operatori sanitari, al mondo accademico e all’industria biomedica di accedere ai dati raccolti dalle operazioni di omicismo, con il rischio di aggravare ulteriormente le disparità sociali. Le considerazioni di “efficacia in termini di costi” dipendono in larga misura dalla regolamentazione in base alla quale sono fissati i “costi” e rispetto ai criteri di “efficacia” valutati. Se il fine è quello di convivere con la salute pubblica, la medicina personalizzata e le sue punte di diamante del settore pubblico dovrebbero cercare di adottare elementi costitutivi di dominio pubblico e fare in modo che le persone mantengano il controllo dei propri dati.

L’obiettivo esplicito della medicina personalizzata di risparmiare eventuali effetti collaterali a quei pazienti che difficilmente risponderebbero al trattamento non deve portare a escluderli totalmente. Le decisioni su chi trattare sono morali e politiche, perciò i punteggi statistici non devono essere l’unico fattore che determina il diritto a ricevere assistenza.

La medicina digitalizzata potrebbe aiutare i medici a concentrarsi sugli aspetti umani delle cure, risparmiando molto tempo e lavoro. Tuttavia, i clinici devono portarsi al passo con le conoscenze mediche, le complessità delle statistiche e la capacità di interagire con le “macchine pensanti”. È urgente la necessità di nuovi approcci nell’istruzione sanitaria e nel miglioramento dell’alfabetizzazione del processo decisionale mediato dal computer. Senza questo tipo di conoscenze, scienziati, medici e pazienti non potranno partecipare allo sviluppo, alla governance e all’uso corretto della medicina personalizzata.

Inoltre, il pericolo della previsione potrebbe essere quello di etichettare le persone in base alle condizioni mediche che corrono il rischio di sviluppare. I pazienti, dunque, non solo vanno istruiti riguardo all’assistenza sanitaria, ma il grande pubblico deve conoscere anche il significato di “rischio predittivo”, affinché questo non diventi un oracolo di esclusione e stigmatizzazione. Tali previsioni dovrebbero consentire alle persone di agire a favore della propria salute ed essere di beneficio ai pazienti vulnerabili, consentendo a coloro che soffrono di condizioni rare di uscire dall’isolamento clinico e politico.

La mancanza di questo tipo di istruzione e di partecipazione profonda potrebbe trasformarsi in alienazione su quattro fronti. Il primo è l’erosione della fiducia medico-paziente. Più la medicina personalizzata si sviluppa nella direzione della sua terza concettualizzazione, maggiore è il rischio di indebolimento del “giudizio clinico”, delle “seconde opinioni”, della “diagnosi differenziale” e di simili elementi chiave dell’assistenza sanitaria. Oggi, i medici valutano i risultati di laboratorio alla luce della storia del paziente, degli esami fisici e degli studi di imaging. Se i medici ricevessero le prescrizioni da un unico algoritmo gigantesco, potrebbero diventare meno scettici, meno attenti alle intuizioni cliniche e meno cauti nelle loro decisioni. Questa e altre considerazioni supportano un approccio stratificato che protegga quanti preferiscono vivere la propria vita con una minore intensità di sorveglianza, digitalizzazione e medicalizzazione, senza compromettere la qualità delle cure standard.

La seconda alienazione è interna. La digitalizzazione della vita e la medicalizzazione dei dati possono allontanare le persone dalle loro esperienze quali genitorialità, malattia, disabilità e morte. L’agente autonomo si sente alienato dall’esperienza della propria cura e dal comando del proprio corpo. Le persone potrebbero “condividere” dati e interagire con il servizio sanitario senza avere segnali o sintomi evidenti. Potrebbero aderire ad obiettivi computerizzati di “benessere” senza avvertire la necessità o l’opportunità di riflettere sulla natura della salute e della buona vita. I pazienti cronici hanno già difficoltà a seguire un determinato trattamento e interventi basilari come, per esempio, una dieta specifica; ulteriori azioni di monitoraggio e interventi mirati potrebbero essere al di là delle loro capacità.

La terza alienazione potrebbe svilupparsi tra le persone e le istituzioni che possiedono, progettano e gestiscono programmi sanitari “personalizzati”. Dagli studi di associazione genome-wide abbiamo appreso che per poter acquisire mutazioni rilevanti per una malattia è necessario studiare un numero molto elevato di partecipanti. I confini del “sistema” da studiare (ad esempio il corpo, la famiglia, le società, le economie) e le lenti scientifiche che lo esaminano sono scelte cariche di valore. Gli sviluppatori della medicina personalizzata devono riflettere sui valori in campo, non permettendo alla scienza medica di essere bloccata in una sorta di “mentalità ingegneristica” e di essere trascinata ovunque soffino i venti del mercato.

La quarta alienazione potrebbe svilupparsi tra persone svantaggiate, i cui dati contribuirebbero al cloud sanitario comune, senza però poter seguire i consigli che la medicina personalizzata offrirebbe loro, per mancanza di risorse. Inoltre, molte persone, i cui dati sono necessari per i database, vivono al di fuori delle giurisdizioni in cui operano i centri informatici della medicina personalizzata, avendo quindi un potenziale limitato in termini di partecipazione alla regolamentazione democratica.

Queste alienazioni sono esacerbate da una riconfigurazione dei concetti fondamentali di salute e sanità che ci accompagnano da molto tempo. Innanzitutto, la medicina personalizzata si rivolge sia alle persone sane che ai malati e anche la distinzione tra standard clinici, cure sperimentali (“off-label”), esperimenti su volontari sani e studi clinici è confusa. Se ogni “partecipante” diventasse un “paziente”, con una serie personalizzata di rischi e consigli, potremmo perdere il nostro impegno a dare la priorità ai malati come categoria speciale di persone bisognose. Invece, ogni persona si preoccuperà del proprio insieme unico di rischi e previsioni. La medicina personalizzata ha il potenziale di informare ogni persona (e tutti coloro che accedono ai dati) del livello di rischio relativo che corre di contrarre ogni malattia e gli esiti della stessa, sfumando così ulteriormente la distinzione tra sani e malati e tra le patologie che le persone hanno e quello che potrebbe accadere. Le persone saranno più consapevoli ma avranno meno fiducia nel significato pratico di questo tipo di consapevolezza. In altre parole, avere più informazioni potrebbe non implicare una maggiore conoscenza. Per una migliore integrazione della medicina personalizzata nelle culture umane, il concetto di “benessere” dovrebbe svilupparsi in rapporto alla definizione di salute dell’OMS e alle tradizioni morali.

Una partecipazione autentica comprende la capacità di impegnarsi con gli altri nella formazione della società, nella sua governance, nei suoi valori e nelle sue imprese più ambiziose, come la medicina personalizzata. Riguarda la responsabilità personale nei confronti del bene comune, specialmente per i più bisognosi. La medicina personalizzata punta a ottimizzare la salute di ogni singolo individuo, ma ciò che è “personale” comprende sempre i rapporti interpersonali. Questa capacità di agire in modo responsabile nei confronti degli altri è essenziale per il benessere umano. L’attenzione posta dalla medicina personalizzata sul genoma umano evidenzia la capacità di ciascuno di tessere rapporti familiari con altri esseri umani e la possibilità di offrire assistenza personalizzata ad ognuno sulla base di beni pubblici condivisi, reti di supporto comuni e responsabilità personali.

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